Apr 03

SCAREFIELD
“A Quiet Country”
(Independent Self Release)
release date: 9 – 02 – 2024
genere: thrash metal
voto: 4

Line up: Simone Manuli, Markus Kristoffersson

Tracklist: Ancient Evil, Dead Center , Altar of Fear, Spectre , Child of the Corn, God of Terror, Primitive Shadows, Dream, Shiver, Always, Goodbye.

“Nemo profeta in patria” si diceva in latino giusto qualche decennio fa. È vero purtroppo, Simone Manuli, il fondatore degli Scarefield, si è lasciato alle spalle le pianure dell'alta Italia, per raggiungere il gelido circolo polare artico, nel nord della Svezia, dove è entrato in contatto con il cantante Markus Kristoffersson. La loro musica, prodotta da Simone, è stata scritta e composta dai due ragazzi, fondendo i loro stili e influenze in una nuova originale interpretazione del metal classico, del thrash e del power metal. La musica contiene un'atmosfera forte e pesante, riff veloci, synth e batterie belle veloci. Le voci sono un mix di melodia pulita e potenza, molto moderna, ma con ampio margine alle classiche voci dell'heavy metal anni 80 e soprattutto 90, nonché le voci in stile death metal più aspro dei giorni nostri. I testi contengono argomenti come storie personali e ovviamente il sempre apprezzato tema horror! La prima cosa che salta all'orecchio sono i suoni estremamente curati e potenti, già da "Ancient Evil" la doppia cassa titaneggia dando potenza ma senza mai primeggiare. Le armonizzazioni di chitarra ricordano gli ultimi Metallica ma con una freschezza e un energia nuova. "Dead Center" enfatizza ancora di più doppia cassa e le armonizzazioni, dando una spinta alla voce sui ritornelli. Decisa e melodica, forse a volte fin troppo precisa (in senso buono) Torniamo un po' più 80 con "Altar of Fear", un inizio sempre in doppia ma rallentato per dare più aria e delle chitarre ancora all'unisono, sfociano in un ritornello molto melodico, quasi pop. Parte finale intensa e potente. Notevole! Rallentiamo nelle dinamiche con "Spectre" lasciando però alcuni segni di thrash metal ben evidenti qua e là, come a dire: "ok melodia, scansati un secondo che mi devo sfogare". Canzone da singolo, molto moderna e incisiva, prende per mano il passato e lo porta ottimamente nel presente. Arriva la ballad metal per antonomasia, arpeggione deciso e voce alla guida per "Child of the Corn". E poi no! Cambio repentino di ritmo e doppia cassa a mille all'ora, la voce si eleva in un escalation di crunch e acuti davvero notevoli. Ritornello comunque melodico ma ricco di intensità; da cantare mentre ci si lancia in un pogo. Ritorno lento quasi in stile pantera. "God of Terror" é il thrash per antonomasia, ma con una modernità vocale e di suoni che la fa entrare nel nuovo millennio: inizio aggressivo con doppia cassa prorompente, ritornello melodico e voce calda x contrastare con la freddezza e cattiveria iniziale e per strizzare un po' l'occhio alle nuove generazioni; il solo segue questa filosofia e di inserisce in vari punti senza mai esasperare. Parte finale pronta per il live! Continuiamo sulla stessa linea con "Primitive Shadows", dove la linea melodica viene ancora più enfatizzata da voce e chitarra quasi malinconica nel ritornello, passando ad alcuni passaggi punk e hardcore nella strofa. Il solo armonizzato ricorda a tutti quali sono le caratteristiche principali degli Scarefield. A volte basta il titolo per sapere dove stiamo navigando: "Dream" e il suo arpeggio iniziale ci porta in un lungo sogno fatto di voce pulita e piena di calore, alternata a una sana rabbia danzante nel buio della notte con la sua amata chitarra. Ripartiamo subito con una granitica middle time dai suoni profondi ritmati: il suo nome é "Shiver" e apre il ritornello in modo arioso e melodico rispetto alla strofa; canovaccio ormai sentito per l'assolo, anche se mantiene un ottimo impatto sonoro: garanzia! "Always" inizia quasi pop, con un leggero richiamo a quel rock primi anni 2000 come Creed e simili: la voce appare suadente e leggera. Canzone significativa per poter dire: "sappiamo uscire dagli schemi", anche se appare un po' fuori da tutto il contesto. Chiudiamo tornando alle sonorità classiche con "Goodbye", che più che un addio suona come un arrivederci, al prossimo album. Le chitarre tornano cariche e melodiche, la doppia cassa regna sovrana: ottima chiusura. Davvero un album ben costruito dove si eleva il concetto di qualità sapendo che è auto-prodotto. Il dispiacere per artisti di casa nostra che devono lasciare lo stivale nella sola speranza di essere quantomeno considerati resta agghiacciante, quindi auguro a questi ragazzi tutto il bene che meritano di fronte a quest'album di pregevole fattura che meriterebbe davvero grandi palcoscenici e una sacrosanta quantità di rimpianto nei confronti del nostro paese: la terra di santi, poeti e naviganti che ormai non sanno più andare oltre le pagine rosee dei quotidiani sportivi. Ce ne andassimo tutti a fa...re un bel viaggio in Svezia!

Iven

Mar 29

PRAYING MANTIS
“Defiance”
(Frontiers Music Srl)
release: 19 – 04 -2024
genere: heavy metal
voto: 3.5

Line up: Chris Troy – bass, vocals, Tino Troy – vocals, guitars, Jaycee Cuijpers – vocals, Hans in’t Zandt – drums, Andy Burgess - bass

Tracklist: From The Start, Defiance, Feelin' Lucky, I Surrender, Forever In My Heart, Never Can Say Goodbye, One Heart, Give It Up, Nightswim, Standing Tall, Let’s See


I Praying Mantis festeggiano il loro cinquantesimo anniversario con il loro tredicesimo album “Defiance” rimanendo fedeli interpreti della NWOBHM (New Wave of British Heavy Metal) e continuando a essere un punto di riferimento autorevole all’interno della scena rock. Band fondata nel ’73 con il nome di Junction dai due fratelli Troy: Tino (chitarra) e Chris (al basso e ai cori), nel ’74 diventeranno i Praying Mantis. L’attuale formazione è costituita dai due fondatori con Jaycee Cuijpers, Hans in’t Zandt e Andy Burgess. La storia della band si sviluppa partendo da un grande successo iniziale che sfuma negli anni ’90, ma la band in quel momento sta già riscuotendo un discreto successo in Giappone. Oggi non possiamo fare altro che considerarli una pietra miliare dell’heavy metal. Nel disco ci sono radici provenienti dagli Iron Maiden, con cori che arrivano dal rock melodico e armonizzazioni vocali da Def Leppard. Si trovano sia armonie di chitarra tipicamente metal, come anche solos e riff coinvolgenti classicamente rock. I primi brani non mi hanno molto entusiasmata e coinvolta, ma dopo questo inizio soft ho trovato un disco molto piacevole, anche nella disposizione delle tracce. “Feelin’ lucky” è caratterizzato da una batteria che scandisce e coinvolge con i crescendo prima dei ritornelli e solos di chitarra al punto giusto. “I surrender” è una piacevole interpretazione dell’originale di Russ Ballard, molto nota anche per la versione dei Rainbow, che mantiene il groove peculiare di questa hit, sicuramente cantabilissima ai live! “Forever in my heart” inizia con un fraseggio di chitarra commovente e il “don’t fade away” che si ripropone più volte nel testo è il cuore del senso della canzone. È la classica ballata che scalda il cuore e allo stesso tempo lo spezza un po’. Anche i solos rispettano il mood appena descritto e si uniscono emotivamente al senso del brano insieme alla batteria che interviene teatralmente al momento giusto. Lo stesso discorso romantico va fatto per “Nightswim” che si apre con un fantastico giro di basso, armonizzazioni metal e guitars solos assolutamente perfetti, insieme all’alternarsi di arpeggi che uniti al crescendo di batteria hanno un effetto assolutamente positivo. È un brano musicale molto emotivo, in assoluto una delle mie tracce preferite dell’album. Per quanto riguarda “One heart”, anche qui il basso fa la sua parte nell’intro e prosegue per il resto del pezzo, a lui si unisce la chitarra che ha dei fraseggi acustici molto interessanti (un po’ in tutto il brano) e ciliegina on top sono i cori e le tastiere. In conclusione si hanno due tracce di cui la prima si tuffa nella disco e nei suoni sintetici, uniti al rock più puro. Parlando delle ultime due tracce, si può sicuramente dire che l’album si chiuda in bellezza. Il singolo “Defiance” che anticipa l’album non è certamente il brano che descrive nel modo migliore le tracce presenti nel disco, che in definitiva è un ottimo esempio di buona musica, ha alcune idee interessanti, ma mantiene la classicità del genere di cui è interprete. Al suo interno ci sono vibes che si affidano allo spirito degli anni ’80 e ’90. Certamente stiamo parlando di una band in grado di creare canzoni che abbiano un tiro, ma anche progressione, stop e pathos al momento giusto.

Vittoria Montesano