REVOLUTION SAINTS
“Against The Winds”
(Frontiers Music s.r.l.)
release date: 09-02-2024
genere: Aor
voto: 3.5

Line up: Deen Castronovo – drums and vocals, Jeff Pilson – bass, Joel Hoekstra – guitars, Alessandro Del Vecchio - keyboards

Tracklist: Against the Winds, Changing My Mind, Fall on My Knees, Can't End It Right Now, Lost in Damnation, Will I See You Again, Show Me Your Light, Save All That Remains, Been Said and Done, Diving Wings, No Turning Back

Reduci dall'ottima uscita discografica del 2023, “Eagle Flight” la all stars band capitanata da Deen Castronovo ci regala un nuovo full lenght album, “Against the Winds”. La line up è rimasta uguale come nel penultimo disco e i nostri sono riusciti a dar sfoggio, come sempre, alle notevoli capacità tecnico-compositive in loro possesso. Tra tutti, però, andando a riesaminare i precedenti lavori, forse, questo “Against..” è il più melodico, forse anche il più edulcorato con una sempre maggiore predisposizione alla sinfonia ma, nonostante tutto, non stiamo certo parlando di un album melenso, bensì di una sorta di evoluzione musicale di questo combo di musicisti verso un piglio sempre più Journey-oriented con tracce di Survivor e atmosfere ad ampio respiro. Non si disperino i fan del rock più sanguigno poiché tracce più “sostenute” ce ne sono, fra tutte citerei “Fall on My Knees” ottimo esempio di hard sound con un pregevole guitar work e parte solista del sempre eccelso Hoekstra. Oppure la pomposa “Will I See You Again” o l'heavy rock di “ Been Said and Done” permetteranno a molti di fare “hair guitar” in salotto. C'è però questo calibrato bilanciamento tra momenti hard e frangenti eufonici e melodici; diciamo che il disco “parte” con la terza traccia, la già menzionata “Fall on...”, le due song “apripista”, la title track e “Changing..” potrebbero fuorviare l'ascoltatore con le loro sonorità mielose votate ad un melodic rock con poco mordente. Viceversa altre parti lente riescono a farla da padrone dando quel tocco di classe; la semi ballad “Can't End It Right Now” e l'intensa “Show Me Your Light” dove Deen da ampia prova della sua bravura vocale (oltre all'ottima prova dietro le “pelli”....nda). In definitiva siamo di fronte ad un buon prodotto, magari non il migliore della loro discografia ma sempre degno di essere valutato ed ascoltato dai fans del “rock d'autore”.

Roby Comanducci

Mar 05

F.K.Ü
“The Horror And The Metal”
(Despotz Records)
release date: 09 - 02 – 2024
genere: metal
voto: 4,5

Line-up: Pat Splat – Bass, Pete Stooaahl – Guitars, Larry Lethal – Vocals, Unspeakable Emp - Drums

Tracklist: The Horror And The Metal, (he Is) The Antichrist, The Spawning, Don't Have To Go To Texas, Harvester Of Horror, Deep Cuts, They Are 237, Bringing Back The Dead, Some Kind Of Mosher, You Are Who You Eat.

Ci sono quei giorni in cui hai bisogno di sfogarti, di tirare fuori la rabbia e farti leggere in faccia che le persone devono starti lontano. Capita sovente anche a voi lo so. Queste giornate di furia devono essere coadiuvate dalla giusta colonna sonora. Mi permetto allora di consigliare loro: F.K.Ü. From Sweden! Fortemente ispirati dai film horror degli anni ’80 e dal crossover thrash metal (soprattutto S.O.D., a dire il vero), il seme di ciò che sarebbe diventato F.K.Ü. è stato piantato già nel 1987, ma ci sono voluti altri 10 anni prima che i ragazzi si mettessero d’accordo e creassero effettivamente della musica da far ascoltare al mondo. Essere integralisti nel mondo della musica è molto difficile e questo è il principale motivo per cui ci è voluto così tanto per trovare una loro collocazione. Ora, dopo innumerevoli spettacoli dal vivo, gli F.K.Ü. tornano con il loro album più definito e pesante, “The Horror and the Metal” in uscita il 9 febbraio 2024 su Despotz Records. L’album è una semplice dichiarazione di intenti e serve a cementare i pilastri fondamentali dei F.K.Ü. L’horror è il tema generale della band e i film degli anni ’80 sono la loro principale ispirazione lirica e visiva, mentre il metal e un tocco di sano trash metal della bay area, è ciò che scorre nelle vene di questi ragazzi. Il disco è stato ancora una volta prodotto dal cantante del gruppo: Lawrence Mackrory (Bloodbath, Katatonia, Vomitory). La band si è chiusa nei Rorysound Studios all’inizio del 2023 per iniziare a registrare il nuovo disco. Quando, dopo un paio di mesi, sono finalmente usciti dalla porta principale hanno creato un capolavoro horror metal che eliminerà ogni incertezza sulle loro intenzioni. “Ah quei bei suoni metal di una volta, tanta chitarra e una batteria da cardiopatia congenita”. Questo è il primo pensiero quando parte "The horror and the metal": un intro quasi alla King Diamond sfociante poi in un sano trash metal potente ma pulito e scandito! Potenza che raddoppia con "(He Is) the Antichrist": i cori del ritornello rinforzano un concetto tutt'altro che velato, con chitarre e batteria al servizio della ritmica, nessun protagonismo ma un treno che va all'unisono verso la stazione. Un po' di Slayer e un po' di Kill'em all per "the spawning", dove la partenza rallentata lascia poi un piacevole apertura con il ritornello sorprendentemente melodico; la piccolina fa proprio muovere la testa con un mix perfetto tra granito e caramelle! "Don't have to go to Texas" torna su parametri classici del trash, la velocità supera quella del suono e la voce diventa sempre più parlata e veloce, sfociando in qualche scream gutturale che regala colore. Tempo di nuovo rallentato per la voce e la batteria in "Harvester of horror" dove però le dita delle chitarre corrono i 100 metri, subito dopo, rocambolesca inversione con la doppia cassa che regala una mitragliata potente mentre la voce diventa melodica e cadenzata, riff in stile Exodus e qualche pregevole scambio di armonizzazioni; sicuramente la canzone più curata e ricercata dell'album. Riff granitico per aprire "Deep cuts" anche se si sfocia in un sound più hardcore, con il ritorno dei cori sul ritornello e una bella batteria decisa, veloce e aperta. Gocce di hard rock che cadono dal cielo su un terreno florido di trash metal per "We are 237", dove un leggero richiamo Anthrax vecchia maniera si mischia al dolce polline exodusiano. "Bringing back the dead" torna ad essere un treno in corsa, batteria velocissima e secca, priva di tecnicismi: chitarre che spingono e si aprono sulla strofa per poi buttare giù note che seguono la voce per alcuni percorsi. Proprio lei: l'ugola che torna a ripescare il sound tipico degli anni ottanta. Rallentamento per "Some kind of mosher" dove il riff torna più morbido, melodico e cadenzato per una canzone che fa ben muovere la testa e anche un pò i fianchi, con i gomiti larghi, per quel pogo che tanto ci manca! Marchio di fabbrica sonoro per "Who are Who you eat", dove la partenza profonda e cupa lascia spazio alla velocità del tema principale, doppia cassa quanto basta e chitarre sempre molto essenziali sul tema. La voce anche in questo caso è coadiuvata molto bene dai cori in sottofondo che ne danno quel tono punk. Parte centrale rallentata e doppia cassa implacabile! Un album dal sapore trash con ottime sfumature hardcore e a volte anche Classic metal. Sicuramente qualcosa di fresco e diretto, privo davvero di qualsiasi fronzolo superfluo ma con un unico obiettivo: le canzoni! Nulla appartiene al protagonismo dei singoli e questa cosa è da lodare sopra tutte le altre.

Iven