Ott 29

 

 

Line up: Gui Oliver – vocals, Felipe Souzza - drums, Marcelo Gelbke – guitars, Thiago Forbeci – bass.

Tracklist: Rush hour, No way out, Jane’s Carousel, Across the street, Don’t come ‘easy, Taxi Driver, Distant love, Roundabout, Road of dreams, Hope Hill, Sound of the city

Il disco di oggi è il nuovo lavoro dei brasiliani Landfall, un interessante combo dalla lunga ma complicata storia, originata dalla collaborazione tra il batterista Felipe Souzza e il chitarrista Marcelo Gelbke, amici d’infanzia e collaboratori a livello musicale per molto tempo, a cui oltre al bassista Thiago Forbeci si è infine unito il singer ex Auras Gui Oliver. Tale formazione ha suonato e compiuto tour negli ultimi anni, e arriva infine a proporci in questi giorni questo nuovo disco. Colpisce intanto il genere, che pur nella sua classicità (AOR melodico) risente di numerosi influssi più Hard (Dokken, Extreme, specie nelle linee vocali) e dà così origine a un interessante mix dove alla straordinaria voce di Oliver, estremamente calda, si sovrappongono riffing alternativamente aggressivi e straordinariamente melodici (penso alla bellissima “Don’t come easy”), in un’atmosfera che certo si richiama a qualche decennio fa, ma lo fa bene. La produzione del disco come spesso in questi casi ha un importante ruolo nel dare l’esatta dimensione musicale della band, e devo dire che mi ha convinto pur nella sua, a volte difettosità: accanto a talune fasi forse un po’ confuse, specie nei pezzi più aggressivi, si alternano elaborazioni nelle song più melodiche decisamente accattivanti e convincenti; tornando alla fase più “aggressiva”, diciamo che tuttavia pur se imperfetta (forse nel suo richiamare un certo stile 80s in modo troppo diretto) non fa perdere immediatezza a queste canzoni, che inframezzano bene lo stile in generale melodico del disco. Per spendere qualche parola sugli elementi della band, come detto ed era forse attendibile risalta decisamente la prestazione vocale, che si adatta a diversi registri nel corso del disco, senza mai perdere di decisione ed espressività. Il resto della band agisce in effetti di contorno lasciando molto spazio all’opera di Mr. Oliver e in effetti quasi tirandosi indietro: il riffing di chitarra è potente e preciso, ma resta sullo sfondo sempre, e non ci sono divagazioni soliste importanti; la sezione ritmica è di grande livello e precisione, e ci troviamo di fronte “solo” a un accompagnamento, comunque potente, in grado di dare il suo contributo al pathos delle canzoni. Concludendo con un giudizio complessivo, lo trovo un disco dal genere classico ma molto ben suonato, composto e interpretato, con i giusti inserti, e che certamente non deluderà chi vuole ascoltare un disco dalle linee vocali decisamente espressive e coinvolgenti. Come spesso diciamo in questo periodo, peccato dover aspettare chissà quanto prima che si parli di un loro live, ma suvvia, il momento arriverà. Un gran disco AOR/Hard, consigliato a tutti gli appassionati.

Nikki

 

 

Line up: Sugar Ray Norcia – vocals and harmonica, Little Charlie Baty – guitars, Anthony Geraci - piano, Michael Mudcat Ward – bass, Neil Gouvin – drums.

Tracklist: Don’t Give No More Than You Can Take, Bluebird Blues, Too Far From The Bar, Too Little Too Late, Reel Burner, Can’t Hold Out Much Longer, Number And Dumb, My Next Door Neighbor, What I Put You Through, What Will Become Of Me, I Gotta Right To Sing The Blues, From The Horse’s Mouth, The Night I Got Pulled Over, Walk Me Home, Reel Burner (alt. take)

Uscito giusto in questi giorni il nuovo e undicesimo lavoro in studio dell'americano e rinomato bluesman vocalist and harmonica player Sugar Ray Norcia si appresta a fare felici tutti coloro che amano il blues rock, lo slow blues, il jump blues e le atmosfere calde e penetranti che solo questo genere sanno regalare. Attivo sin dagli anni ottanta Sugar ci ha sempre deliziato con lavori di alto livello e quest'ultimo “Too Far From The Bar” non è da meno. Si passa da momenti slow quali ' What I Put You Through' dediti ad un sound rotondo e calibrato capace di creare atmosfere sognanti oppure la cover ' Bluebird Blues' ( Sonny Boy Williamson) dove l'armonica di Ray la fa da padrone a tracce più ritmate quasi up tempo come la bellissima title track che farebbe ballare anche una mummia (qui si sfocia quasi nel boogie...). Un altra song veloce ed intrigante è la cover di Jerry McCain "My Next Door Neighbor", un vero brano rock'n'roll semplice, diretto, efficace. In definitiva c'è una maggiore propensione verso lo slow blues ed armonie più ricercate e ammalianti ma non mancano anche momenti più frizzanti come la strumentale 'Reel Burner' che viene ripresa anche in versione alternativa come ultima traccia. Un album godibilissimo per estimatori ma sicuramente capace di farsi amare da chiunque goda nell'ascolto della grande musica!

Roby Comanducci