Ott 31

 

 

Line up: Emmanuelson – vocals, Tony Steel – guitars, Steel Zard – Drums, Flo Dust – Bass, Mat Heavy Jones - guitars

Tracklist: Mystic Voices, Fight them all, Steel Hammer, Blackheart, Savage, Gloomy world, Malefice, Metal Nation, Pussy, Led by Judas, Master Control

Dopo un minimo di riflessione che, ebbene sì, precede sempre il momento in cui inizio a vergare la recensione che state leggendo, ho deciso di partire con un commento schietto: spesso e volentieri mi sentite usare parole ed espressioni che servono a soppesare quanto il disco che si sta recensendo si ispira al passato; non accade sempre ma, per forza di cose, avendo a che fare col nostro genere di musica, accade. E allora, la schietta osservazione è che i Rising Steel, fin dal moniker, sono una band per cui farò a meno di questi giri di parole, il loro genere è il più classico metal a metà tra Priest e Sabbath “secondo periodo” (chiaramente, quello con Dio) anche se con robuste infiltrazioni del primissimo Thrash, quello di Metallica e degli Slayer dei primi, e ancora grezzi, album. Quello che però si può subito aggiungere è che l’operazione di riesumazione è stata eseguita con ottima perizia. Innanzitutto a livello stilistico, con perfetto stile “british”, si privilegiano tempi quadrati e possenti cavalcate, accompagnate da riffeggio elaborato ma attento al mantenere il ritmo marziale. Lo stile vocale del singer è profondo e aspro, in questo differenziandosi un pò rispetto ai classici del genere, ma si amalgama perfettamente con le altre linee sonore. La tecnica dei componenti della band è molto buona, senza strafare, e apprezzo moltissimo il lavoro di produzione, capace di ricreare perfettamente l’atmosfera 80s che trasuda dalle song senza sbavature o finti errori. L’energia del gruppo è perfettamente resa e la qualità di ogni singola linea melodica ripresa nei minimi dettagli. A livello stilistico ci sono anche variazioni sul tema abbastanza importanti dopo una prima metà molto “classicista” (penso alla song 9 appropriatamente intitolata “Pussy”). Sulle componenti del disco non mi sento di aggiungere altro, si nota un notevole affiatamento tra gli elementi e nessuno ruba la scena agli altri. Evoco allora un ultimo elemento su cui nonostante il periodo non mi sento di disperare: conto in un tour della band perché la vera prova del nove di un gruppo del genere è la resa live dopo un così buon lavoro in studio. Un consigliatissimo lavoro per tutti i lettori.

Nikki

Ott 30

 

 

Line up: Scarlet - vocals

Tracklist: Obey The Queen, I Spit Fire, Ugly Fucker, #Bossbitch ((feat. Thirsty & Åsa Netterbrant ZEPHYRA), Love Heroin, Zodiac, Krokodil, Beauty & Beast, Devil Twins, Final Shot (feat. Martin Westerstrandex-LOK)

Allora, puntualizziamo: conosco poco di questa female singer e della sua storia musicale compresa la sua band. Difatti anche le note pervenutemi dalla label non sono esaustive in quanto si parla esclusivamente del significato intrinseco dei testi contenuti in ogni song (e questa è una cosa assolutamente interessante) ma, nessun accenno sulla storia di Scarlet, sui restanti membri del gruppo …..so che è Svedese ed ha collabborato con diversi songwriter della scena scandinava e....stop. Però, e qui è successa la cosa che si chiama ottimo battage pubblicitario, ricevere info con un bel video di questa procace ed avvenente bionda truccata da teschio ed un look assai aggressive hanno spinto il sottoscritto ad ascoltare il tutto per vedere se era “tutto fumo e niente arrosto” -come sovente succede- o il contrario. Con stupore ammetto che di arrosto ce n'è eccome e la nostra singer è riuscita ad ammaliare il sottoscritto non solo per le sue 'grazie' ma soprattutto per la 'rabbia' e l'attitudine ribelle e oltraggiosa che emana in ogni song di questo “Obey the Queen”. Lasciamo perdere tecnica, estensione vocale, innovazione, qui siamo di fronte ad un album che ti prende a schiaffi dalla prima all'ultima traccia. Ogni song è derivativa da un estratto di vita della cantante, un urlo ribelle contro la crudeltà degli uomini, il dolore, il periodo cruento vissuto da lei in Russia, la voglia delle donne di lottare per farsi valere in un mondo ancora cieco e malato. Un pezzo che esemplifica tutto potrebbe essere la malata e controversa 'Devil Twins' che su un tappeto sonoro in bilico tra nu metal e crossover la nostra grida il suo disappunto e lo fa talmente bene che il suo “lamento” si tramuta in forza ed energia per l'ascoltatore. Un disco non per tutti i palati, lo ammetto, ma credo che molti di voi apprezzeranno il lavoro di questa band (che anche se non mezionata si destreggia bene tra ritmiche e riff di chitarra corrosivi e taglienti), brani quali 'I Spit Fire' denotano comunque un livello qualitativo non da poco con cambi tempo, effetti sonori, una bella interpretazione della female singer e un riffone di chitarra talmente saturo da far saltare il vostro impianto. Stesso discorso per la successiva 'Ugly Fucker' che strizza l'occhio all'industrial metal senza però mai perdere un certo gusto per la melodia. Cattivissima è '#bossbitch' se non erro uscita come video e nuovo singolo: potente nu metal con cantato in growl (solo piccole parti) e alternanza vocale melodica in collaborazione con Thirsty e Asa Netterbrant (Zephira). Non mancano le “ballad” (se così vogliamo chiamarle....) 'Love Heroin', indiscutibilmente valida dove spicca la-comunque bella- voce di Scarlet e la finale e lenta 'Final Shot' che riesce -merito della chitarra acustica- ad ammaliare anche se l'energia viene sapientemente iniettata col duetto con Martin Westerstrand. Non è la prima volta che mi addentro in questo mondo sonoro però come recensioni lo faccio solo se la band e l'album valgono veramente la pena (come nel caso di In This Moment o Smackbound, nda). Ascoltatelo e vedrete che vi susciterà non poco interesse.

Roby Comanducci