Line up: Chrissie Hynde – vocals, guitars, James Walbourne – guitars, Martin Chambers – drums, Nick Wilkinson – bass, Carwin Ellis – keyboards.

Tracklist: Hate for Sale, The Buzz, Lightning Man, Turf Accountant Daddy, You Can't Hurt a Fool, I Didn't Know When to Stop, Maybe Love Is in NYC, Junkie Walk, Didn't Want to Be This Lonely, Crying in Public

Ma guarda cosa mi ritrovo per le mani: “Hate for Sale”, il nuovissimo e undicesimo full lenght album degli storici anglo-americani Pretenders (uscito se non erro in tarda primavera ma purtroppo solo adesso in mio possesso, nda) in auge dal lontano 1980, anno dell'uscita dell'omonimo debut album. Una vera istituzione, capeggiati dalla particolare voce dell'intrigante female singer e fondatrice Chrissie Hynde che, all'alba dei 69 anni, non demorde, è in ottima forma e, soprattutto, sentendola cantare su disco non le si darebbero più di quarant'anni....eh va beh, il rock fa anche questo. Dopo alcuni change di line up (purtroppo due forzati causa morte per droga del chitarrista James Honeyman-Scott e del bassista Pete Farndo... 1982-1983 se non erro, nda) ritroviamo qui una band che sprizza energia rock, con tinte leggermente pop e qualche iniezione dal punk inglese senza però mai esagerare, il tutto ben amalgamato dalla voce suadente e sensuale della nostra cantante; eh si, seppur matura Chrissie ha una voce ancora altamente sensuale. Rientra in line up il batterista originario ma i pezzi portano tutti la firma del duo Hynde-Walbourne e queste dieci tracce la dicono lunga sulla voglia di rockare di questo combo musicale. E' veramente un piacere ascoltare song come 'Maybe Love Is in NYC' commerciale al punto giusto ma assolutamente non banale, oppure il più elettrizzante rock'n'roll di 'Didn't Want to Be This Lonely', ma anche la dolce ballad finale 'Crying in Public' cantata con perizia e maestria con l'ausilio del pianoforte che rende il tutto più magico. La vena “punk” dei Pretenders invece esce diretta nella title track mentre un rock sfacciato e ribelle (che deve molto al periodo a cavallo tra fine seventies ed inizio eighties, nda) lo ritroviamo su 'I Didn't Know When to Stop' ed anche 'Turf Accountant Daddy'. Intrigante il reggae di 'Lightning Man ' mentre se volete una colonna sonora per un momento “particolare” ascoltatevi la bellissima semi ballad ' You Can't Hurt a Fool'. Gran bel lavoro questo “Hate for Sale” che ci riporta una band in perfetta forma nonostante quarant'anni di carriera.

Roby Comanducci

Ott 21

DEEP PURPLE "(Whoosh!)"

Written by

 

 

Line up: Ian Gillan – vocals, Steve Morse – guitars, Don Airey – keyboards, Roger Glover – bass, Ian Paice - drums

Tracklist: Throw My Bones, Drop the Weapon, We’re All the Same in the Dark, Nothing at All, No Need to Shout, Step by Step, What the What, The Long Way Round, The Power of the Moon, Remission Possible, Man Alive, And the Address, Dancing in My Sleep

Ragazzi, cinquantadue (52) anni sono passati dal loro esordio “Shades of Deep Purple” e sono ancora qua, sono presenti ed ancora brillanti come solo dei miti viventi possono fare. Poche, pochissime band come loro: hanno inventato l'hard rock con l'insuperabile capolavoro “In Rock” nel 1970 e da allora la nostra cara musica ha seguito le direttive dei signori “Profondo Porpora”. Non li ha scalfitti l'abbandono del man in black Blackmore (chitarra e anima del gruppo), la scomparsa di un maestro dei tasti d'avorio come Jon Lord, anni di fermo, l'età che avanza....nulla. Ok, non saranno più a livelli stratosferici ma la classe non è acqua e nel loro caso non è evaporata in una nube, i Deep sono ancora qui a sfornare album degni del loro nome, magari non capolavori, ma assolutamente al di sopra della media delle uscite del settore musicale che tanto amiamo. Ecco quindi il nuovissimo “Whoosh!” a tre anni dal penultimo “Infinite” contenente tredici ottime hard rock song sapientemente scritte, arrangiate e, ovviamente, interpretate e suonate. Il Buon Gillan non si cimenta – ma è anche umanamente logico- in “gorgheggi” o estensioni come in passato, si limita a dosare il suo caldo tono ed ammaliare l'ascoltatore aggraziando ogni song con la sua immensa classe. Il tutto poi viene plasmato dall'incommensurabile guitar work di Mr. Morse, vero e proprio axe hero che è stato capace nel tempo di prendere il posto del bravissimo Ritchie e farsi ugualmente amare da milioni di fans. Bellissimo il suo lavoro complice il duetto alle keys di Don Airey (in gran spolvero su questo disco!) nella bella ' No Need to Shout', cosa che si ripete sovente in altre tracce di questo album tanto da farci ricordare i mitici “duelli” Blackmore-Lord. Vorrei sottolineare il momento clou che viene proposto dai nostri con 'Remission Possible' fantastica intro strumentale di un minuto e mezzo che si collega con l'ammaliante, pomposa, quasi progressive 'Man Alive'; un lavoro eccelso carico di mille sfumature, mille colori e suoni che avvolgono ed ipnotizzano l'ascoltatore. Bellissima! Altro esempio da 'grande scuola' è l'hard rock settantiano (beh...in questo disco i seventies praticamente aleggiano in quasi tutte le song, il sapore retrò di “Whoosh!” è notevole, nda) della strumentale 'And the Address' per poi arrivare alla conclusiva ed intrigante 'Dancing in My Sleep' che parte con un giro di tastiere elettronico e più moderno per poi svilupparsi in una song sicuramente originale e ricca di energia. Non vado oltre, poiché non ci sono canzoni 'potenzialmente scartabili', il quintetto l'ha combinata bella, ha creato un prodottino che farà la gioia di tantissimi rockers, un album senza pretese da masterpiece ma con il carattere di chi la sa lunga su come si fa buona musica.

Roby Comanducci