Feb 10

CREYE “II”

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Line up: August Rauer - lead vocals, Andreas Gullstrand - lead guitar, Fredrik Joakimsson - rhythm guitar, Joel Selsfors – keyboards, Gustaf Örsta – bass, Arvid Filipsson - drums

Tracklist: Broken Highway, Carry On, Find A Reason, Siberia, Face To Face, Can’t Stop What We Started, Lost Without You, Hold Back The Night, Let The World Know, Closer, The Greatest, War Of Love

Dalla Svezia ci arriva in questi giorni la nuova uscita degli AOR/Melodic rocker Creye, giunti al secondo full length dopo un EP e un primo album che gli ha permesso di girare l’Europa in tour, nonché di ottenere un contratto con la Frontiers che vanno qui a onorare. In questa nuova uscita vi sono due differenti elementi rispetto al primo lavoro nelle vesti del nuovo tastierista Joel Selfors e del nuovo cantante August Rauer, a incasellarsi nella band sempre guidata dal chitarrista Andreas Gullstrand: e specie l’inserimento del singer si dimostra in effetti ben calibrato per l’obbiettivo musicale del combo.Tale obbiettivo si può facilmente declinare: riprendere il melodic rock ottantiano, con alcuni innesti quasi prog, ma ferma restante una fortissima attenzione verso alcuni classici elementi, come i riff estremamente catchy, i muri di suono ottenuti alle tastiere, un ritmo che alterna tra pezzi d’atmosfera e coinvolgenti, e altri più quadrati e rock, con linee della sei corde più marcati (“Face to face”); in questo naturalmente si deve mixare alla perfezione la timbrica e la potenza vocale del singer, che deve risultare (come è) contemporaneamente d’impatto e melodica, personale ma in grado di essere sinergica con le altre linee sonore. Tutti dettagli che a mio modo di vedere sono perfettamente curati in questo disco, risultato certamente di un lavoro eseguito con dedizione ed elevata professionalità. Trovo che rispetto ai dischi classici che ispirano questo lavoro, e che ormai risalgono a qualche anno fa, sia positivo notare una produzione molto moderna ed un’attenzione alle singole linee musicali elevata, con tutti i suoni studiati, puliti, oserei dire cesellati, per creare un senso di pathos emozionale in tutte le tracce ben percepibile e gradevole. Il lavoro dei singoli musicisti, va da se, è svolto alla perfezione; si conferma quindi dall’insieme che questo disco è il risultato di un grande sforzo e sarà sicuramente un ottimo acquisto per gli appassionati del genere. Laddove devo però dare una pecca, secondo me è nell’originalità del songwriting: dove comunque i difetti sono pochi e l’impegno nella realizzazione è innegabile, lo stile compositivo continuamente rimanda a episodi passati dell’AOR/Radio friendly di fine 80s, e poco altro; e spiace dirlo, ma tali anni ormai non sono più. Resta comunque un acquisto consigliato e un act che speriamo di poter testare dal vivo più avanti nel corso di questo anno. Buona ascolto

Nikki

Nov 11

 

 

Line up: Kelly Nickels - bass, backing vocals, Steve Riley - drums, percussion, backing vocals, Scotty Griffin - lead guitar, backing vocals, Kurt Frohlich - lead vocals, rhythm guitar

Tracklist: Crawl, Why Ask Why, Well Oiled Machine, Lost Boys, You Can’t Walk Away, Witchcraft, All That You Are, Would, Renegades, Don’t Wanna Know

Ci eravamo lasciati un anno fa circa con l'ottimo “The Devil You know”, un bel dischetto per la gioia di vecchi e nuovi fans. L'anno successivo che succede? E' proprio un anno da dimenticare questo bisestile 2020 e “Le Pistole di Los Angeles” hanno ben pensato di stravolgere (ancora una volta!!!) la formazione con la fuoriuscita dei due leader Tracii Guns e Phil Lewis ed il rientro, invece, della sezione ritmica originale dei primi album, Riley – Nickels. Cosa sia successo onestamente non lo sappiamo (non ci piacciono i gossip ma se lo sapevamo sicuramente ve l'avremmo detto, nda) sta di fatto che un disco marchiato LA Guns non può essere tale con la mancanza del duo sopracitato. Non me ne vogliano i puristi che sentenzieranno che comunque in questo “Renegade” sono rientrati due membri della prima gloriosa formazione: senza l'ugola di Phil e i fraseggi di Tracii non è la stessa cosa ma, soprattutto, i due in questione eccellono nel songwriting, nella composizione che in questo nuovo disco è assolutamente scialba e piatta. I nostri hanno sì mantenuto lo “stile LA Guns” ma il risultato finale è un album che avrebbe potuto farlo chiunque, anche una band alle prime armi. I cliché del genere si susseguono, manca mordente e anche la voce di Kurt, seppur non brutta, è abbastanza asettica ed inespressiva. La band di “Malaria” poi non deve pubblicare una ballad tanto semplice quanto scontata e banale come ' You Can’t Walk Away' e deve saper “mordere” nell'incedere dell'album; in questo “Renegades” invece canzone dopo canzone rimaniamo attoniti dalla monotonia e dalla poca originalità espressa. Onestamente mi dispiace scrivere queste cose perché amo questa band e sono sicuro che, magari, a chi non ha mai seguito bene Lewis & Co l'album potrà anche piacere per passare una quarantina di minuti con uno street rock sempliciotto e poco impegnativo ma questi non sono gli LA Guns che conosco, sono un tentativo riuscito male di portare avanti un glorioso nome. Peccato.

Roby Comanducci