Line up: Band: Girish Pradham - vocals, rhythm guitars Yogesh Pradham - bass, keyboards, Suraz Lun - lead guitars Nagen Nags - drums

Tracklist: Ride to Hell, Loaded, Born with a big attitude, Shot by the cupid, touched by the devil, Angel, I wanna get that lovin' again, Hey you, Yesteryears, Smile little child, The revolving barrel, Golden crown, End of civilization

Oggi ho il piacere di parlarvi di una nuova uscita targata Girish and the Chronichles, band trattata dal nostro sito l’anno scorso recensendo la loro ultima uscita e con un’intervista (link). Parliamo tuttavia non di un nuovo lavoro bensì del loro disco di esordio, “Back on earth” del 2014, che è stato ri-registrato, con ampie modifiche nelle linee musicali, benché solo per due song siano state riviste le parti vocali. Non si tratta quindi di una semplice rimasterizzazione ma di una vera e propria revisione generale, dovuta al fatto che le canzoni hanno ormai parecchi anni (i nostri sono sulla scena da un decennio ma le singole carriere vanno ancora più indietro nel tempo); vi parlerò di questo disco come se fosse appena uscito, avendolo, lo ammetto, io stesso appena conosciuto. Di certo non si fatica a capire come questo lavoro abbia lanciato la carriera dei quattro ragazzi di Bangalore (India). Si tratta di un lavoro eccellente e maturo dal punto di vista produttivo e tecnico, e inoltre dimostra una dedizione musicale non comune e uno stile, benché fortemente debitore dell’Hard Rock più ottantiano, tra Ratt e Whitesnake, molto riconoscibile e caratterizzato. Il disco parte forte con la molto aggressiva “Ride to Hell” e resta su questo tono in diverse tracce; si fanno avanti nel seguito diverse ballad, come l’apprezzabile “Angel” e la molto orecchiabile “Smile little child”; sul finire del disco abbiamo alcune variazioni sul tema, come la blueseggiante “The revolving barrel”. In generale song comunque molto coinvolgenti e vivaci, che non fanno pesare la devozione ai mostri sacri 80s che comunque trapela. Ritengo che forse l’unico limite sia la produzione troppo piena e intensa, che sporca il suono rendendolo a tratti confuso; in questo forse trapela una ricerca eccessiva di un suono “d’epoca”. Al di là di questo, la tecnica dei quattro musicisti è notevole, l’espressività vocale molto convincente nell’interpretazione dei pezzi, e in generale l’affiatamento tra i membri nel costruire song pare molto buono; si tenga conto che in realtà l’origine dei pezzi è eterogenea andando a coprire una di tempo di quattro anni, dal 2009 al 2013, durante i quali la band stava sostanzialmente venendo messa in opera. Anche tenendo conto di ciò, credo che questo lavoro sia un ottimo esordio che dimostra carattere e creatività. Concludo dicendo che la band merita certamente di essere “attenzionata” per la propria attività live, vedremo se sarà possibile nel corso di questo anno assistere a un loro live. Buon ascolto!

Nikki

 

Gen 11

 

 

Line up: Alexander Strandell – lead vocals, Love Magnusson – guitar, Jona Tee – guitar, keyboards, backing vocals, John Levén – bass, Christian “Kicken” Lundqvist – drums

Tracklist: Operation Phoenix, Champions, In The Name Of The Fallen, Super Trooper, ,Ready To Run, Juliette, The Last Of Us, Just Believe, Roar, Victorious, Northern Lights

La band svedese Crowne esce con il secondo album contenente undici brani tramite la Frontiers Music srl. Il disco ha sonorità hard rock ma con molti riff di chitarra influenzati dal metal. " Operation Phoenix" è la title track che apre il full lenght album, caratterizzata da un inizio che stupisce per il lavoro di songwriting e produzione con vari cambi di intensità nella stessa song. “Operation...” fa da apripista alla seconda traccia, "Champions", che ci regala una potenza nel riff spiccatamente heavy metal, con una accuratezza nell'uso delle tastiere molto lodevole e mai scontata. "In the name of the fallen" è altro gran pezzo bello potente e con sonorità moderne ed intense. "Super Trooper" è una buona canzone ritmata con cali di intensità nelle strofe che conferiscono quella “speciale” particolarità al brano che non ti aspetti. "Ready to Run" parte con le tastiere che fanno da “apertura” e poi coinvolgono tutti gli altri strumenti in un mix decisamente pomposo. "Juliette" invece è una traccia quasi “power” per come inizia ma interessante anche per gli assoli di chitarra, veramente un ottimo guitar work. "The last of us", "Just believe", "Roar", "Victorious" e "Northerm Lights" sono i pezzi successivi del disco dove in particolare spiccano le capacità canore di Alexander in grado di passare da tonalità metal a parti più melodiche senza alcuna difficoltà, e soprattutto, senza rovinare il sound. Un gruppo da tenere sotto osservazione perché come secondo lavoro è da considerarsi indubbiamente interessante.

Luca