Apr 18

 



Line up: Adrian Smith – guitars, vocals, keyboards, Richie kotzen – guitars , vocals, keyboards and drumkit. Guest artists: Tal Bergman – session drummer and special quest Nicko McBrain - drums

Tracklist: 'Taking My Chances', , Running, Scars, Some People, Glory Road, Solar Fire, You Don’t Know Me, I Wanna Stay, ‘Til Tomorrow

Una bella sorpresa questa al stars band formata da un eccelso duo di autentiche 'pietre miliari' del music world: Adrian Smith, storico guitar man degli Iron Maiden e il guitar hero Richie Kotzen, Poison, Mr.Big, ma soprattutto una folgorante carriera solista con mille collaborazioni e album fantastici (non per ultimo il superlativo triplo cd “50 For 50” uscito l'anno scorso, nda). Il sottoscritto si è avvicinato a questo album con molta curiosità (visto e considerato il mio smodato amore per il guitar working e gli artisti della sei corde!) e volevo testare cosa avessero potuto partorire due menti così brillanti: beh, il risultato è sicuramente appagante e in linea con le aspettative. Un autentico album di sano hard rock venato da forti tinte blues che accarezzano il passato riproponendoci atmosfere calde ed ammalianti con però una piccola punta di modernismo che non guasta mai. Proprio bravi, anche a livello vocale oserei dire; su Kotzen già sapevo, ma sentire bene il buon Adrian solista che sfoggia una timbrica elegante e armonica al punto giusto è stata una sorpresa. Le nove tracce presenti in questo debut self titled album incollano l'ascoltatore alla sedia e non lo liberano finché il suddetto non schiaccerà il tasto stop dello stereo. Energia, grande pathos, calde eufonie nei brani più blues oriented ma anche tanta grinta nelle partiture più heavy rock come 'Solar Fire' o la bellissima opener 'Taking My Chances'. Come non amare l'hard blues di 'Scars' che rimanda molto ai seventies e a un certo signore dal nome Glenn Hughes oppure gustarsi la più moderna e conclusiva rock song 'Til Romorrow'. Un album da ascoltarsi tutto d'un fiato e alla fine, bersi una birretta e schiacciare nuovamente play!

Roby Comanducci

Apr 12

 

 

Line-up: Valerio “The Brave” Caricchio - lead vocals, Francesco Bucci - bass, Alex Mele - guitars, Paolo Campitelli - guitars, Alfonso “Fo” Corace - drums

Tracklist: Demondome, The Metal Monster, The Human God, Darksteel, Mistress Of Disaster, 52Hz. Wisdom Of The Ages (Feat. Steve Di Giorgio and Herbie Langhans), Silver Fever, Dancing With Shadows, Scream Machine

Gli Screamachine sono un progetto classic/power metal che ha le sue origini a Roma dall’idea del bassista song e writer Francesco Bucci, noto per i suoi lavori con gli Stormlord, nell’intento di riproporre in modo innovativo delle composizioni sul genere che ha avuto il suo apice…. Numerose volte come sappiamo, ma che certamente non sarebbe lo stesso senza band come Judas Priest, Accept, Saxon, e successivamente Savatage e “recentemente” (a partire da più di 20 anni fa) Iced Earth ed epigoni dell’ultima ondata power. La presenza tra gli ospiti di Steve di Giorgio, figura di grande valore ma certamente che ha avuto la sua prima gloria con pilasti del metal mondiale come Testament e Death, ci suggerisce, come avviene ed è un bene, delle influenze thrash nel songwriting e nel riffing che completano opportunamente l’ispirazione della band della capitale. Non mi dilungo sulle ospitate (comunque pregevoli, e di diversi nomi che ben conoscerete se leggete queste righe) (e cito Steve non perché realizzi molte parti, ma solo per l’accostamento a un genere in cui ha fatto il suo) e vado a spendere qualche parola sul disco. L’album parte in modo molto aggressivo e via via digrada verso temi più epici e power. La prima parte invece poggia su un riffing estremamente quadrato e su linee di chitarra aggressive; in alcuni punti la linea vocale del singer Valerio Caricchio è davvero spinta sulle linee acute che hanno reso celeberrimo mr. Rob Halford, ma in generale resta su un registro più "epico" e meno estremizzato. Quello che a mio pare riesce bene alla band è non spostarsi mai davvero completamente su una dei temi musicali che chiaramente la ispirano, se prima emergono i richiami priestiani, appena dopo una linea più thrash fine 80s emerge, e in altre canzoni la parte epica è più importante (penso ad esempio alla song #4, The Human God). Do merito a Caricchio come agli altri di dimostrare un’eccellente professionalità nell’adattarsi ai vari registri musicali. La resa tecnica dei vari membri è molto buona, dimostra qualità e precisione, mentre forse per la produzione si può obiettare, ma è molto soggettivo, come il suono non sia sempre pulitissimo e cerchi, di canzone in canzone, di adattarsi al registro della stessa, con maggiore attenzione alle linee di chitarra o a quelle ritmiche, il che può confondere un po’ a volte. Io direi comunque che la band riesce in un lavoro originale e godevole dandosi le predette coordinate, ben precise, e non è un risultato così scontato. Aggiungo, anche se lo faccio spesso, ancora una volta, che attenderò volentieri alla prova live i 5 ragazzi di Roma. Un bel disco consigliato a tutti.

Nikki