Ago 23

NIGHT RANGER “ATBPO”

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Line-Up: Jack Blades - bass and vocals, Kelly Keagy - drums and vocals, Brad Gillis – guitars, Eric Levy – keyboards, Keri Kelli – guitars

Tracklist: Coming For You, Bring It All Home To Me, Breakout, Hard To Make It Easy, Can’t Afford A Hero, Cold As December, Dance, The Hardest Road, Monkey, A Lucky Man, Tomorrow, Savior (Bonus Track for CD and LP only)

Recensire i NightRanger è pura goduria per il sottoscritto. Li seguo sin dagli inizi (e si parla del lontano 1982 con il memorabile debut “Dawn Patrol”) e da sempre ho valorizzato questo combo di grandi musicisti considerandoli dei veri e propri precursori di un certo tipo di hard rock melodico; il loro sound è sempre stato commerciale e radio friendly ma, attenzione, mai e ripeto mai, banale o troppo edulcorato. Hanno sempre partorito hit singles da paura ma con l'accortezza di iniettare adrenalina, grande merito della coppia di chitarristi Watson-Gillis, due autentici guitar player dotati di un'ottima tecnica strumentale e una dose superlativa di armonia e capacità d'inventare il riff tagliente o spaccacuori in base al tipo di song proposta. Watson oramai da anni (eh si....purtroppo, non ne vuole sapere a riunirsi!!!) ha abbandonato la band e si sono comunque – e per fortuna- avvicendati altri superlativi axe man. Ricordiamo Zaijcek, Joel Hoekstra, Reb Beach e per ultimo ed ancora in line up l'istrionico Keri Kelli. I Night Ranger, in ogni caso, sono sempre rimasti gli stessi, adeguando il sound come arrangiamenti per rimanere sempre attuali ma conservando il songwriting ottantiano, rimangono sempre un'autentica fucina di capolavori sonori. Anche questo “ATBPO” (letteralmente And The Band Played On) non è da meno, anzi, è un lavoro eccelso che da la giusta scossa di adrenalina e ti culla in altri momenti. Come non rimanere colpiti dal poderoso hard sound di “Monkey”, quattro minuti di rock tirato e sudato con un lavoro strepitoso dei due chitarristi. Oppure farsi catturare dal rock radiofonico di “A Lucky Man”, o dall'hard rock spumeggiante di “ Hard To Make It Easy”. Poi quando Blades & Co. vogliono rallentare e dar spazio a eufonie e sonorità ammalianti sono sempre i numeri uno, ascoltatevi la lenta e bellissima “Can’t Afford A Hero” e capirete. Menzione d'onore invece per “Breakout”, autentica rock song con un riff e ritornello da antologia capace di far ballare anche un morto. Non aggiungo altro se non lo spassionato consiglio di far vostro questo album, una delle migliori uscite di quest'anno.

Roby Comanducci

Ago 16

 

 

Line up: Mirka Rantanen - drums. Guests: Jarkko Ahola, Rick Altzi (Masterplan), Kimmo Blom (Leverage), Johnny Gioeli (Hardline), Marco Hietala (ex-Nightwish), Erik Kraemer (Simulacrum), Mark Quee, Antti Railio, Pasi Rantanen (Thunderstone), Elize Ryd (Amaranthe), Tommi "Tuple" (Salmela), Riku Turunen, Danny Vaughnn (Tyketto)

Tracklist: The Beat (feat. Riku Turunen), Desperate Cry (feat. Johnny Gioeli), Sherif of Ghost Town (feat. Marco Hietala), Never (feat. Kimmo Blom), In times of despair (feat. Elize Ryd), Crossoroads (feat. Pasi Rantanen), Caught in the middle (feat. Danny Vaughn), Plywood covered windows and crappy shoes (feat. Antti Railio), Edge of love (feat. Rick Altzi), Set me free (feat. Jarkko Ahola), Everafter (feat. Tommi "tuple" Salmela), No reason (feat. Marc Quee), Tears of the clown (feat. Erik Kraemer), Burning (bonus track)

Gran disco e di ottima qualità quello uscito per questo progetto, ideato dal veterano della batteria finlandese Mirka Rantanen (King Company). E’ corretto parlare di disco solista? Forse no a mio modo di vedere, la sua idea è stata di celebrare il suo 50° compleanno con un disco che ospitasse un vasto parterre di amici musicisti (e che parterre…) per realizzare un disco che oscilli tra l’hard’n heavy di ottantiana memoria e qualche digressione più “radio friendly” ad aggiungere melodicità e orecchiabilità all’insieme. La mia impressione è che il disco goda di una buona amalgama e appaia evidentemente una ben riuscita sintesi delle numerose esperienze portate dai contributori a questo lavoro (parliamo di nomi con trascorsi in band come Nightwish, Masterplan, Hardline, Tyketto…). Forse che il difetto possa essere il non essere mai usciti troppo dai binari dei classici del genere? Forse sì, in parte. Il materiale di ottima qualità in queste tracce abbonda. L’attacco è deciso e le prime song sono tra le più grintose del disco, su tutte spicca l’opener “The Beat”, in questa parte quindi spiccano i tempi quadrati e il riffing potente, seguito da diverse canzoni, forse la più intensa è “In times of despair” con la splendida voce di Elize Ryd degli Amaranthe. Il disco procede quindi con una serie di song che richiama l’Hard anni ’80 più epico e d’atmosfera, riprendendo alcune strutture che apprezzavamo su gruppi di altissimo successo come i Whitesnake (richiamo forte in “Crossroads”). Verso il finale troviamo un notevole spunto con “Set me free” che torna a essere una song d’impatto e veloce, prima del finale più d’atmosfera e che culmina con “Tears of the clown”. Il commento che si può fare a un disco di questo tipo è multisfaccettato. Da un lato ogni song è molto curata, si vede o meglio sente un ottimo lavoro in fase di produzione ed esecuzione certamente frutto dell’esperienza di chi lo ha realizzato. Non si può neppure parlare di un disco che non goda di un buon afflato complessivo, perché si dimostra un progetto compatto e che non delude. Certo, appare anche chiaro che non ci sono davvero spunti innovativi: abbiamo qui pezzi di grande hard rock e il lavoro anche compositivo è stato perfettamente svolto, ma non si può negare che più spesso che no, si resti sul sicuro andando a ricalcare riff e strutture di composizione note. Il lavoro di realizzazione del disco ha perfettamente compiuto l’operazione di creare un insieme credibile e una struttura generale valida: questo è però anche il limite di questo lavoro. A una serie di grandi pezzi infatti, non corrisponde alcuna formazione, non può seguire, quindi, una concezione del futuro di una band e un qualsivoglia sviluppo, ed è questo per me un limite nel momento in cui, ancora e fieramente oggi, la dimensione di una band è principalmente quella live, come sempre è stato. Cosa rimane perciò? Un disco che comunque merita attenzione, con molte ottime canzoni da ascoltare e l’ottimo lavoro di chi lo ha realizzato, tuttavia, manca quello che potrebbe portare un lavoro così ben realizzato ad essere un grande disco, un insieme di band che possa svilupparlo e suonarlo live in futuro. Resta un disco di cui è consigliato l’ascolto per i molti pregi indicati.

Nikki